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Incontrare le luce

24-12-2010 00:00

Diocesi di Caltanissetta

omelie,

Incontrare le luce

Incontrare le luce Natale del SignoreMessa della notteCaltanissetta-Cattedrale, 24 dicembre 2010   1. Nella notte del nonsenso «Il popolo che camminav

Incontrare le luce

 

Natale del Signore

Messa della notte

Caltanissetta-Cattedrale, 24 dicembre 2010

 

 

 1. Nella notte del nonsenso

 

«Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce»: così annuncia il profeta. Era un popolo senza patria, deportato, senza terra, senza governanti, senza tempio; un popolo smarrito nelle oscurità del non senso, nell'oscurità della totale illegalità, della mancanza di codice etico; un popolo, quello di Israele, dove ognuno cercava di approfittare dell'altro, dove il più forte cercava di sopprimere il più debole. Sono stati anni di tenebra quelli, nella storia del popolo di Israele.

 

E il profeta, proprio dentro le tenebre di quello smarrimento, annuncia una luce, una luce che il popolo vede e che prefigura un nuovo orientamento, un nuovo ordine politico, religioso, sociale. E finalmente la profezia di Isaia si avvera, perché nell'anno 538 a.C. il popolo torna ancora a risposare la sua terra, torna a costruire la città e scopre il senso della solidarietà, trova uno scopo comune per cui ognuno rinasce come cittadino del regno di Dio, come cittadino della città dell'uomo, ognuno rinasce fratello. Le tenebre vengono dissipate ed una luce nuova avanza nell'orizzonte della storia del popolo di Dio.

 

Io mi chiedo questa notte e chiedo a voi: ma noi abbiamo trovato la luce o siamo ancora in quella permanente notte, in quella perdurante fase di transizione nella quale non riusciamo ancora a scorgere la luce? Siamo ancora avvolti da tenebre per cui l'illegalità diventa legge quotidiana mentre la legalità è solo proclamata e il codice etico è bandito dai pubblici uffici, dalle pubbliche istituzioni per cui ognuno arraffa come può, gettando tenebre sull'oscurità di una città che stenta a risorgere, su uno Stato, come quello italiano, che non trova ancora un suo orientamento ed ogni giorno che passa si trova sempre più diviso. E mentre vogliamo ricordare i 150 anni dell'unificazione d'Italia, scopriamo tante “Italie”, un popolo frazionato, frammentato, un popolo che cammina a più velocità, con il Nord che procede su linee spedite e il Sud che continua a rallentare la sua già lenta marcia e vive ancora di assistenzialismo, seguendo la legge del più forte, la legge del fai-da-te, una sorta di bricolage, dove ognuno fa quel che può, calpestando ideali, sogni e valori. Anche perché accade che gli uomini che ci governano si vantino pubblicamente, attraverso i mezzi di comunicazione, proprio delle loro illegalità e immoralità, svendendole come sogni di civiltà ed i nostri ragazzi, le nostre ragazzine crescono con i sogni di velina negli occhi e nel cuore. Abbiamo davvero smarrito la luce dell'intelligenza, perché i più furbi vanno avanti e gli onesti vengono calpestati.

 

Ma verrà per noi l'aurora sognata dal profeta Isaia? Davvero noi come popolo riusciremo a vedere la luce? E questa notte perché siamo venuti qui in Cattedrale, perché in tutte le chiese del mondo corriamo ancora? Forse nel tentativo di soddisfare un semplice movimento del cuore, forse perché  a Natale prevale in noi un certo sentimento di buonismo e allora vogliamo come lasciarci intenerire dal Bambino Gesù? Perché siamo qua?

 

La fede dei pastori

 

Miei carissimi figlioli, vorrei consegnarvi questa sera la fede dei pastori. Mentre il potente Cesare ordina un censimento di tutta la terra, come se il suo potere si estendesse in tutta la terra, mentre re e governanti si prostrano ad adorare l'idolo del potere, questi pastori avvolti nella notte sono vigilanti, attenti ad eventuali segnali di speranza, attenti a possibili novità nell'orizzonte della loro tenebrosa esistenza. E c'è un manto che li riveste in quella notte, è il manto della luce: «La luce li avvolse». Come lo Spirito Santo ha avvolto Maria, così la luce che scende dal cielo avvolge i pastori. Sì, perché la luce non viene dalla terra, dalla terra solo le oscurità si alzano, la luce è un dono che viene dall'alto e come un manto ricopre coloro che pur nella notte rimangono svegli, quasi sentinelle della notte, a ritrovare ancora il senso della custodia, della responsabilità per il gregge loro affidato. E in quella luce una voce li raggiunge: «Oggi è nato per voi il Salvatore» ed è gioia per tutto il popolo. Ma poi gli angeli scompaiono, la voce si zittisce, la luce ritorna nel suo cielo.

 

Che cosa muove i passi di questi pastori e li spinge ad andare verso quella grotta di Betlemme, benché ci sia qualche chilometro da fare dal campo dei pastori alle grotte del villaggio di quella “casa del pane” che è Betlemme? È la fede, c'è qualche cosa che va oltre la ragione, ma necessariamente l'attraversa, c'è qualche cosa che risveglia in loro un sogno antico, un ideale mai assopito, c'è un dinamismo che li mette in marcia: è la fede, la fede nella salvazione possibile, la fede nella liberazione vicina.

 

E quando arrivano a Betlemme trovano solo un segno debole, poverissimo: un bambino, avvolto in fasce, deposto nella mangiatoia e sua madre accanto a lui, un segno quotidiano, semplice, banale oserei dire. Ma in quel bambino fasciato, in quell'infante senza voce loro riescono a scorgere il segno debole del potente Dio che si fa loro vicino, che si fa per loro gioia, che si fa per loro speranza.

 

Oltre il visibile

 

Ed ecco che proprio quei pastori, proprio loro, gli unici coraggiosi, che hanno saputo osare e incamminarsi verso Betlemme, proprio loro diventano angeli, perché annunciano quello che gli angeli avevano annunciato loro. L'evangelista usa lo stesso verbo: annunceranno, loderanno. E mentre gli angeli annunciano dal cielo e lodano nell'alto dei cieli, questi pastori, trasfigurati dalla fede che va oltre il visibile e che coglie nell'invisibile la potenza di Dio, annunciano in terra, lodano il Dio in terra. E adesso i loro piedi diventano come ali e corrono ad annunciare a tutti: c'è un vangelo per te, un bambino ci è stato dato e  in quel bambino contemplano già il suo destino che è la liberazione di tutta l'umanità: il bambino è avvolto in fasce come un giorno sarà avvolto nelle bende ed è deposto nella mangiatoia come un giorno sarà deposto nel sepolcro.

 

Sì, miei carissimi figlioli, Natale è la Pasqua del Signore, la nascita di Gesù è già la sua morte, perché il dono della vita per sempre che Egli è venuto a restituirci, viene consegnata a noi a prezzo della sua vita. E allora, a Natale può nascere la speranza perché quel chicco di grano, che è il Dio Bambino in mezzo a noi, marcendo porterà frutti.

 

E allora non dobbiamo più guardarci gli uni gli altri con occhi d'uomo, dobbiamo guardarci come gli angeli hanno saputo guardare la terra, dobbiamo guardarci con la luce del cielo, così ci sentiremo un popolo solo e troveremo la forza di camminare nella legalità, la forza di assumere le valenze dell'etica nella nostra quotidianità, la forza dell'onestà e combatteremo per la verità, perché la verità ci farà liberi e non ci prostreremo dinanzi a nessun signore di questa terra ma, come questa notte, ci inchineremo dinanzi al Bambino Gesù.

 

Dobbiamo entrare per la porta dell'umiltà, per la porta dell'adorazione, cioè del tacere che si fa preghiera, per poter anche noi incontrare la luce. A Betlemme, in quella basilica, l'unica porta d'accesso è bassissima, perché chiunque accede al mistero dell'incarnazione di Dio deve necessariamente chinarsi, che sia un potente o un debole, un ricco o un povero, deve necessariamente chinarsi.

 

Troviamo, allora, il coraggio di chinarci dinanzi a questo Signore Bambino e alziamo lo sguardo come hanno fatto i pastori nelle loro tenebre, perché la luce ci avvolga, perché un vangelo, una notizia di gioia ci riempia il cuore e noi da questa notte possiamo diventare angeli capaci di mettere ali ai nostri piedi, di lodare ancora il Signore, ma dentro le fenditure della terra. Buon Natale!